Tecnologia, metodologia e relazione educativa

Le attività realizzate o avviate nell’ambito della nostra sperimentazione con le aule virtuali richiedono una analisi ulteriore e potranno dar luogo ad una prosecuzione dell’esperienza capace di contribuire all’indagine sulla competenza digitale del docente e sull’ausilio che l’aula virtuale può offrire alla sua professionalità.

Questo avvio della sperimentazione ci ha già mostrato – e la prosecuzione della analisi potrà meglio dimostrare con riferimento ai risultati di apprendimento – che il rapporto tra tecnologia e didattica va riportato nel contesto della questione antica e sempre nuova del senso dell’apprendere-insegnare, che è da ricercare sempre nella qualità della relazione educativa, cioè nel dialogo quotidiano che attiva la ricerca e l’apprendimento, ma che possiamo potenziare − e qualche volta riscoprire e recuperare − interagendo con l’ambiente digitale che caratterizza, nel mondo di oggi, la nostra esperienza cognitiva e relazionale. Nell’ambito di questa consapevolezza di fondo, ecco alcune delle acquisizioni emerse dai frammenti di dialogo a ridosso dell’esperienza.
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Decisionalità e responsabilità di chi apprende

 La proiezione del momento formativo oltre la situazione in presenza consente una flessibilità  rispetto a modi tempi e contenuti che aumenta la quota di autoformazione, di decisionalità e di responsabilità di chi apprende. La virtualità offre infatti più spazio per l’interazione, più stimoli all’esplorazione, più strumenti per la elaborazione dell’informazione in nuove sintesi: «L’e-learning comporta densità interattiva e virtualizzazione del percorso di apprendimento, due novità che arricchiscono la metodologia formativa e la didattica spostando il baricentro dal contenuto al metodo, e dal docente al soggetto che apprende» Maddalena Colombo, E-learning e cambiamenti sociali. Dal competere al comprendere, Liguori, Napoli 2008 p. 150). Chi è legato ad una metodologia trasmissiva (basata sullo schema ricezione-memorizzazione-ripetizione) non riuscirà a realizzare queste condizioni e non rinnoverà la propria metodologia sol perché si ritrova in un ambiente virtuale, nel quale anzi cercherà di riprodurre le stesse dinamiche trasmissive a cui è abituato. Non riuscirà a motivare allo studio per il semplice uso della tecnologia e tornerà presto deluso a forme più tradizionali.

L’inganno della multimedialità

Rete e digitalità facilitano l’uso di una pluralità di media e di linguaggi, tutti disponibili e integrabili fra loro, in grado di offrire strumenti diversi ai più diversi stili di apprendimento. Si tratta dell’uso più diffuso e ingannevole delle tecnologie, perché l’adozione dei nuovi linguaggi si presta ad una azione cosmetica della vecchia didattica trasmissiva che non sfrutta le potenzialità di Rete e digitalità per la didattica  e non ottiene i risultati desiderati. Una lezione frontale abbellita da un Powerpoint e da un filmato rimane una lezione frontale, e ci capita  sempre più spesso di incontrare studenti che faticano a considerare significativo l’atto di trasmissione, quand’anche sostenuto e facilitato dall’uso delle tecnologie, quand’anche trasferito sulla Rete. La pluralità di linguaggi è certamente un valore, ma non riguarda solo la cura dei momenti informativi (come dovremmo chiamare, più correttamente, la cosiddetta “lezione frontale”) da parte del docente, ma soprattutto le possibilità di scelta di ciascuno dei discenti nel realizzare il proprio contributo alla discussione e alla elaborazione comune.

Il policentrismo formativo

L’accesso sistematico alla Rete consente di affrontare il policentrismo formativo che caratterizza la società contemporanea: la scuola può riprendersi un ruolo guida se non si chiude alla relazione con il mondo esterno che la Rete rende più facile, ma che esige un controllo critico e una capacità di orientamento che rimane compito della scuola. Per questa immersione nella realtà, resa possibile per il contatto con una grande molteplicità di dati forniti da una pluralità di centri di informazione (motori di ricerca, giornali e riviste on line, dizionari e enciclopedie, radio e tv, siti di istituzioni e organismi internazionali, associazioni, enti di ricerca…..) l’introduzione di apprendimenti per mezzo della Rete può facilitare un più deciso passaggio da un approccio trasmissivo, ad un approccio cooperativo-costruttivista in cui «l’apprendimento non ha lo scopo di far adeguare la mente di chi apprende alle richieste di chi insegna, ma riveste  la funzione di risolvere i problemi posti dalla realtà circostante».

Un processo collegiale di esplorazione

È ormai chiaro a tutti che la sola dotazione di strumenti informatici non innalza la qualità dell’apprendimento-insegnamento così come da sola non migliora l’efficienza dell’organizzazione. Anche la richiesta di formazione sulle TIC, spesso caratterizzata dal bisogno di acquisire maggiore familiarità con gli strumenti che ormai fanno parte della quotidianità, rischia di non avere una ricaduta significativa se non si accompagna ad una riflessione metodologica nell’ambito di un complessivo ripensamento del significato della relazione educativa nella nuova dimensione presenza-distanza prodotta dalla virtualità. Per tutto questo le TIC non sono catalizzatori, ma possono essere leve dell’innovazione, se si riesce ad attivare un processo collegiale nel quale le potenzialità dell’espansione virtuale dello spazio-tempo di relazione diventino oggetto di esperienza e di riflessione comune.

È questa l’unica maniera per affrontare le paure profonde di perdita di controllo che accompagnano molti insegnanti e formatori, e per superare (e ribaltare) alcuni luoghi comuni, frutto di un approccio superficiale al problema: la paura che lo studente si lasci travolgere dai molteplici richiami della rete; la inaffidabilità dei contenuti reperibili su Internet; il livellamento verso il basso e la omologazione di un pensiero che rinuncia al senso critico. Tutte motivazioni che, se mai, dimostrano la necessità della scuola e degli educatori di prendere contatto con lo spazio di relazione in Rete.

È insomma necessario proseguire nella sperimentazione, valorizzando le occasioni di ricerca di gruppo e di scambio tra gruppi, in modo da poter far tesoro di una pluralità di esperienze che utilizzano un gran numero di risorse (interne all’aula o integrabili nell’aula). Risorse che vanno attentamente utilizzate, nel contesto dello spazio-tempo esteso di un’aula, con attività collaborative in grado di tener viva l’efficacia della relazione educativa e valorizzare le potenzialità della rete.

Ringraziamenti

Ringrazio Daniela Crimi e Abele Bianchi – rispettivamente la Dirigente del Liceo linguistico Cassarà e il coordinatore del Comitato Scientifico OPPI – per la loro convergente sollecitazione ad una valutazione del prodotto finale e, cioè, degli esiti di apprendimento. È per questa sollecitazione che, nonostante l’esperienza abbia avuto per lo più il carattere di primo avvio di esplorazione di un mondo nuovo, mi propongo di dar conto, in maniera più dettagliata, dei risultati conseguiti con le attività compiutamente realizzate.  Mi auguro che la discussione dei primi risultati possa attivare una nuova fase, da inserire nel complessivo piano di innovazione didattico/metodologica  della scuola e sottoporre ad un monitoraggio sistematico.

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